Governo italiano
Nel 1866 Belluno - con il Veneto - entrò a far parte del Regno
d'Italia e si diffuse il sistema amministrativo centralizzato dei piemontesi
che sostituiva quello austriaco (più efficiente). La borghesia
cittadina entusiasta dell'annessione era politicamente sprovveduta,
dopo anni di asservimento veneziano e austriaco. Non si seppe portare
avanti una chiara linea nella conduzione agraria e le condizioni dei
contadini rimasero miserevoli, così come non ci fu un aumento
produttivo. La provincia cominciò un lento degrado economico-sociale
e diventò sempre più isolata rispetto al resto della regione.
Poiché l'economia non ricevette nuovi investimenti, si ebbe una
spinta sempre più forte all'emigrazione che verso la fine del
secolo raggiunse proporzioni notevoli.
Le mete erano i paesi europei più sviluppati (Francia, Belgio,
Germania), ma numerosi furono coloro che raggiungono l'Argentina, il
Brasile e l'America del Nord.
Si trattò di un'emigrazione epica, fatta di grandi difficoltà
e di immensi sacrifici; molti di quelli che lasciavano il loro paese
per l'America si affidavano ad individui senza scrupoli e il più
delle volte finivano in situazioni di semischiavitù.
"Los que perdieron la Merica", "Quelli che persero l'America",
è un libro scritto da discendenti di emigrati veneto-friulani
(tra cui alcuni bellunesi) in Argentina e che racconta la sorte che
toccò ai loro avi nei luoghi d'arrivo.
L'emigrazione ebbe effetti socialmente disgreganti e portò ad
un ulteriore depauperamento nelle aree di partenza, dove vennero meno
le risorse umane già istruite e preparate, ossia quei lavoratori
in possesso delle competeze necessarie all'avvio e al mantenimento di
un certo sviluppo. Il territorio bellunese è stato privato della
sua popolazione in maggior misura rispetto a tutte le altre province
venete e questo ha rallentato qualsiasi processo di emancipazione economica.
Ricordiamo qualche illustre personaggio di questo secolo:
Ippolito Caffi, patriota, viaggiatore
e pittore bellunese dell'Ottocento
Esposizione del tricolore a Belluno nel 1866" Alessandro Seffer
(1831/ 1905). Piazza Duomo con l'ex-Tribunale, il Municipio e il Palazzo
dei Rettori (Prefettura).
Nel 1882 il Piave in piena travolge il ponte di pietra,
nel 1884 si inaugura il ponte in ferro.
Fatti positivi dell'unificazione italiana furono per Belluno la diffusione
dell'istruzione elementare, il ponte sul Piave (1884), la Ferrovia (1886),
il distretto militare (1909), ma in generale i bellunesi dovettero trovare
localmente forme di collaborazione e di associazionismo per far fronte
ai disagi. L'"Asilo Cairoli" accoglieva soprattutto figli di operai.
Don Antonio Sperti si prendeva cura degli orfani avviandoli allo studio
e al lavoro nella sua officina avviata con i contributi del Comune e
i proventi della beneficenza.
La guerra del 1915-18 vide Belluno in prima linea,
dal momento che molti comuni della provincia erano zone di operazioni
belliche e la città era zona di immediata retrovia. Dopo la disfatta
di Caporetto, essa subì una durissima invasione, carenza di cibo
e vittima della diffusione di malattie quali la tubercolosi e la pellagra
che decimarono in particolare la popolazione giovane.
Il dopoguerra
fu caratterizzato ancora dal fenomeno emigratorio fino all'avvento del
fascismo, che col passare degli anni lo limitò,
non tanto per la diffusione di un certo benessere in loco, quanto per
motivi politici.
La politica autarchica portata avanti dal governo fascista danneggiò
l'economia bellunese povera di risorse.
A Belluno la piazza assunse un rilievo politico marcato e fu il luogo
dove meglio si celebrò il regime fascista.
"Il Teatro era un punto d'incontro frequente, oltre che il luogo
dove meglio era visualizzato lo status sociale. Vi si allestirono stagioni
liriche (...). Non si trascurarono neppure le rappresentazioni
teatrali...Si organizzarono poi proiezioni cinematografiche destinate
al pubblico studentesco, con film definiti "istruttivi" (…)."
(F. Vendramini, Da una guerra mondiale all'altra, in Piazza
dei Martiri - Campedel, I.S.B.R.E.C. , Belluno 1993)
Con la seconda guerra mondiale, i bellunesi pagarono
un altro enorme contributo di sangue e, a guerra finita, si verificò
un'altra grossa corrente emigratoria principalmente verso i paesi europei
(come verso le miniere di carbone in Belgio), ed ancora verso l'Argentina
e l'Australia.
Col dopoguerra iniziò, ma lentamente, una certa
industrializzazione, che diventò più importante dopo il
disastro del Vajont, con l'aiuto della legge di ricostruzione. L'agricoltura,
sempre abbastanza negletta, entrò in crisi e si sviluppò
in particolare il settore turistico. La città assunse una fisionomia
soprattutto terziaria e per un periodo non trascurabile le sue risorse
vennero gestite dall'esterno (come nel caso dello sfruttamento per la
produzione di energia elettrica e del turismo di massa che deturpò
l'ambiente e sconvolse gli antichi equilibri territoriali).
Belluno invasa, ponte austriaco
Ponte 'Della Vittoria'inaugurato nel 1926
Sfilata fascista. Agosto 1935. Starace a Belluno
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